Dic 12, 2017
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La realtà come ci appare: il tempo

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La realtà come ci appare

Per molti di noi che amano descrivere e capire il mondo con un metodo razionale, il pensiero logico-scientifico affonda le sue radici nella culla del mediterraneo. Dalle testimonianze che sono giunte fino a noi infatti crediamo che furono i milesi i primi a comprendere che usando in maniera accorta l’osservazione e la ragione, evitando di cercare nella fantasia, nei miti antichi e nella religione le risposte a quello che non sappiamo, possiamo formare e correggere ripetutamente un nostro punto di vista sul mondo, scoprire aspetti della realtà che a uno sguardo comune restano invisibili e imparare cose nuove1. In questo stile di pensiero l’allievo o il pensatore non è vincolato a rispettare e a condividere le idee del maestro che lo ha preceduto, ma può costruire su queste idee senza esitare a scartare e a criticare le parti che ritiene migliorabili. Il criterio di attendibilità è la ragionevolezza di una idea e chiunque ha il diritto di valutare la ragionevolezza mettendo l’idea alla prova con tutti i mezzi che ha a disposizione. Il mondo può essere compreso con la ragione e il nostro livello di comprensione può cambiare nel tempo per aggiunte successive di informazioni o di nuove interpretazioni dell’informazione di cui disponiamo.

In ogni momento una teoria rappresenta la migliore descrizione dei fenomeni che osserviamo ed è tanto più valida quanto più è generale e quanto più fornisce una interpretazione dei fenomeni osservati, cioè non si limita a descrivere ma contiene anche elementi di spiegazione e comprensione delle dinamiche di questi fenomeni. Per lo più il punto di partenza delle nostre teorie sono le osservazioni e le razionalizziamo in visioni generali che spieghino in modo ragionevole tutto quello che abbiamo osservato fino a quel momento. Le teorie che sottendono una spiegazione portano con sé previsioni, e testare queste previsioni è il mezzo più potente che abbiamo per mettere in discussione la validità di una teoria. A volte le teorie cambiano perché aggiungiamo nuove osservazioni, alla luce delle quali le vecchie teorie non sono più sufficienti a spiegare la realtà così come la osserviamo; a volte cambiano perché troviamo un modo semplicemente più efficace di descrivere tutto quello che sappiamo, magari superando delle piccole o grandi incoerenze o riuscendo a mettere insieme un numero maggiore di fenomeni sotto lo stesso tetto.

Il pensiero scientifico esplora e ridisegna il mondo, ce ne offre immagini via via migliori, ci insegna a pensarlo in modo più efficace.

Più scopriamo, più ci rendiamo conto che quello che ancora non sappiamo è più di quanto abbiamo già capito.

Un viaggio nel tempo

Il mondo è continuo o discontinuo? Esistono uno Spazio ed un Tempo sopra ai quali tutto scorre (materia e avvenimenti) oppure gli eventi fisici sono lo Spazio e il Tempo stesso?

In quasi tutte le equazioni della fisica classica compare il tempo. E’ la variabile che tradizionalmente si indica con la lettera t. Noi misuriamo la grandezza di alcune variabili, come ad esempio la posizione di un oggetto o la temperatura di un altro, e le misuriamo più volte a distanza di tempo. Le equazioni che descrivono i fenomeni che stiamo misurando ci dicono come cambiano nel tempo queste variabili e ci permettono di predire ciò che succederà in un tempo futuro, se sappiamo ciò che è successo in un tempo passato. Per ottenere queste misure e queste predizioni dobbiamo misurare due cose: la variabile di interesse e il tempo che trascorre. Ma come facciamo a misurare il tempo in queste osservazioni e che cos’è il Tempo? Noi in realtà non misuriamo mai il tempo in sé, misuriamo sempre e solo delle variabili fisiche, come ad esempio le oscillazioni di un pendolo o il battito cardiaco, e confrontiamo le variabili fra di loro. Quello che osserviamo non è mai direttamente il Tempo, ma come cambia una variabile rispetto ad un’altra. L’esistenza della variabile tempo è un’assunzione, non una osservazione. Newton per primo chiarisce questa idea sostenendo che il “vero” Tempo t non lo possiamo misurare, ma se assumiamo che esista, abbiamo la possibilità di costruire uno schema efficacissimo per comprendere e descrivere la natura7.

La descrizione migliore del mondo che riusciamo a dare in questo momento, assume l’esistenza di un Tempo e di uno Spazio veri e distinti sui quali tutto esiste e tutto si modifica e interagisce?

Nel mondo di Newton e Galileo non c’erano mai velocità fisse, erano principalmente le accelerazioni ad entrare nelle formalizzazioni matematiche che servivano a descrivere la realtà e le velocità erano sempre velocità di qualcosa rispetto a qualcos’altro. Questa visione mal si conciliava con la scoperta di Maxwell che la velocità della luce è costante. Fu Albert Einstein a riconciliare teorie ed osservazioni proponendo una nuova teoria della realtà dove le nozioni di spazio e di tempo venivano profondamente cambiate per tenere tutto il buono della meccanica newtoniana e includere anche le nuove informazioni e teorie che derivavano dal lavoro di Faraday e Maxwell: lo spazio ed il tempo non esistono come entità distinte e la forza di gravità non è un attore che si muove nello spazio, al contrario spazio e tempo sono uno funzione dell’altro, e vengono deformati dalla presenza di massa. Il tempo perde il suo status di variabile distinta, la contemporaneità assoluta non esiste più, così come non esiste più il tempo assoluto. Esiste lo spazio-tempo che diventa “campo gravitazionale” e così il tempo scorre a velocità diverse in punti dove lo spazio-tempo è diversamente incurvato. La variabile t scompare dalle equazioni fondamentali, ma il concetto di Tempo esiste ancora, sebbene profondamente mutato.

Mentre il mondo dello spazio, del tempo e dei campi di forze prendeva una nuova forma nella teoria della relatività generale, la materia che esiste in questo mondo, le particelle elementari o gli atomi di Democrito si dischiudevano alla nostra conoscenza pieni di caratteristiche inimmaginabili alla luce delle teorie interpretative che avevamo usato fino a quel momento. La materia e l’energia si rivelavano intrinsecamente granulari, non esiste l’infinitamente piccolo e pertanto l’informazione, per quanto immensa, è contabile. Il mondo è un susseguirsi di eventi quantistici discreti, granulari, individuali, il cui futuro è genuinamente imprevedibile, anche le più rigide fra le regolarità che vediamo sono in realtà solo statistiche. La teoria non descrive come le cose sono, descrive come le cose accadono e come influiscono l’una sull’altra. Il mondo delle cose esistenti è ridotto al mondo delle interazioni possibili: la realtà è ridotta a relazione. Che fine fa quindi il Tempo in questa teoria del reale? Il tempo come entità a sé stante, sia pure nella forma di spazio-tempo deformabile, non esiste più, il tempo nasce come conseguenza delle interazioni, ogni oggetto nell’universo è un tempo. Nella fisica dei fenomeni che avvengono uno rispetto all’altro sono i fenomeni stessi a creare il tempo: al livello fondamentale il tempo non c’è. Non c’è lo spazio che contiene il mondo non c’è il tempo lungo il quale scorrono gli eventi.

Se immaginassimo che lo stesso spazio-tempo descritto dalla relatività fosse quantistico, e quindi granulare, indeterminato e fatto esclusivamente di relazioni, il tempo nascerebbe esclusivamente come conseguenza delle interazioni fra quanti di gravità, che per loro caratteristica non sarebbero eventi ordinati da uno scorrere del tempo1. Quindi il Tempo infine, non esisterebbe proprio più! Ed è proprio in questa direzione che stiamo andando.

Il Tempo non esiste?

Ma se il tempo al livello fondamentale non esiste, perché nella nostra quotidianità non abbiamo abbandonato la nozione di tempo? Non credo che si tratti solo di un ritardo di comunicazione fra chi si occupa di scienza e chi si occupa di altro nella vita, la realtà è che noi facciamo esperienza dell’esistenza del tempo ogni giorno: la caratteristica più peculiare del tempo è che ha una direzione, gli eventi macroscopici che osserviamo ogni giorno avvengono con un certo ordine e non sono reversibili, o almeno la gran parte di quelli che ci riguardano non lo sono. Tutti i fenomeni meccanici che osserviamo in cui non entra il calore sono sempre reversibili, al contrario tutti i fenomeni in cui si produce o si scambia calore non lo sono. Quanti sono i fenomeni di questo secondo tipo nella nostra quotidianità? Sono i più numerosi e anche i più importanti. Quello che osserviamo è che gli eventi di fatto vanno sempre spontaneamente verso la produzione di calore e che per riorganizzare questo calore in una forma di energia ordinata serve quantomeno informazione e questo non è spontaneo. E’ sempre il calore in ultima analisi a distinguere il passato dal futuro, a dare una direzione irreversibile agli eventi. E questa regola generale riguarda la nostra stessa vita: noi siamo sistemi biologici che mantengono ordine al loro interno disperdendo calore verso l’esterno, fin quando è possibile.

Proviamo a fare un passo indietro nelle nostre osservazioni, abbandoniamo per un attimo l’analisi dei fenomeni che costituiscono il limite minimo delle dimensioni del reale e allarghiamo lo sguardo verso tutti quei fenomeni per i quali, se a piccolissima scala il tempo non sembra esistere, esiste tuttavia una regolarità quando guardiamo l’effetto macroscopico generato dalla miriade dei piccolissimi eventi. Boltzmann per primo ha proposto un modello teorico per descrivere la dinamica del calore mettendo in relazione i fenomeni microscopici con quelli macroscopici: il calore è il risultato del movimento microscopico casuale delle molecole, ad un certo livello energetico tutti gli stati possibili per quelle molecole sono ugualmente probabili, pertanto ciascuna casualmente occuperà ciascuno di quegli stati, il risultato finale sulla media degli eventi sarà il valore medio fra tutti gli stati possibili, non fra un sottogruppo di essi. Se abbiamo una tazza di tè caldo in un ambiente un po’ più freddo, le molecole del tè si muoveranno casualmente in tutti i modi possibili in accordo con la loro energia cinetica e muovendosi urteranno casualmente le molecole dell’aria e del contenitore a contatto con essi scambiando energia. Il numero di stati possibili del sistema tè-ambiente è più alto se l’energia è distribuita casualmente fra tutte le molecole invece che concentrata sulle sole molecole di tè, è per questo che nel tempo vediamo sempre il tè raffreddarsi e scaldarsi un pochino l’ambiente, mentre non vediamo mai il sistema concentrare il calore sul tè, anche se il comportamento di ogni singola molecola non è prevedibile e non è ordinato su una scala dei tempi. Che cosa ha quindi il calore di così speciale rispetto alle altre forme di energia per determinare la direzione degli eventi? Il calore non è una diversa forma di energia è semplicemente energia senza informazione e quello che vediamo accadere ogni giorno intorno a noi è la perdita di informazione che trasforma tutte le forme di energia spontaneamente in calore, ovvero solo energia casuale. Questo è il Tempo. La termodinamica codifica questa perdita di informazione in una serie di leggi e di formalizzazioni matematiche che riportano prepotentemente l’esistenza del Tempo nel nostro mondo. La perdita dell’informazione che può coordinare i tanti eventi puntiformi e senza tempo determina la direzione inesorabile della media degli eventi, da organizzati a squisitamente casuali o entropici. Sarà il prossimo passo conciliare la gravità quantistica con la meccanica statistica e rivedremo il Tempo uscito dalla porta rientrare dalla finestra con il nuovo nome di informazione?

Mancanza di informazione o particolare lettura della realtà?

Ad uno stato macroscopico che noi osserviamo corrisponde una molteplicità di configurazioni al livello microscopico che non vediamo in dettaglio. L’osservazione di ciascuno stato macroscopico o fenomeno, argomenta Carlo Rovelli ne “l’ordine del tempo”4, dipende dalla nostra interazione fisica con quel fenomeno. Il fatto che vediamo un certo stato macroscopico come disordinato o a bassa informazione potrebbe dipendere dal tipo di interazione fisica che abbiamo con esso, dalla quantità di configurazioni di quel sistema che sono o non sono per noi indistinguibili in base alla nostra interazione fisica con esso. In altre parole il disordine di un sistema è un fatto relativo, potrebbe risultare più disordinato da una certa prospettiva, meno da un’altra, in base al numero di configurazioni che risultano indistinguibili nell’uno e nell’altro caso. Dal big bang ad oggi l’universo è quindi andato da uno stato generalmente più ordinato ad uno generalmente più disordinato? Dalla nostra prospettiva, in base alla nostra interazione fisica con il sistema universo, certamente sì. Siamo quindi forse noi a dare origine al tempo?

La termodinamica: il tempo o calore

La prima legge della termodinamica definisce il calore come una forma di energia, l’energia totale interna di un sistema è data dalla somma di lavoro più calore:

U = q + w

Mentre l’energia totale di un sistema isolato si conserva, non si conserva il calore per sé, le due forme di energia sono interscambiabili fra loro. Chiamiamo lavoro una forma di trasferimento di energia ordinata, in cui tutte le componenti microscopiche del sistema sono ordinate secondo un vettore, mentre il calore rappresenta una forma trasferimento di energia disordinata in cui tutte le componenti microscopiche si assortiscono in modo casuale. Che cosa osserviamo di fatto? In un sistema isolato lo scambio fra lavoro e calore avviene continuamente senza un ordine e una direzione precisa?

Quello che osserviamo, e che esprimiamo con la seconda legge della termodinamica, è che se un sistema ha una data quantità di energia totale che corrisponde ad un dato numero di stati possibili per le sue componenti microscopiche quello che succede è che in media tutti questi stati verranno popolati3. In altre parole se a parità di energia posso avere una situazione macroscopica in cui ci sono pochi diversi stati microscopici possibili, come è il caso del lavoro in cui le componenti microscopiche devono essere orientate secondo una direttrice, e una situazione che invece corrisponde ad un numero maggiore di stati microscopici possibili, la seconda situazione si verifica. La termodinamica è la scienza del possibile, la nostra teoria su cosa avviene e cosa non avviene a partire da una determinata situazione di partenza, la predizione del futuro a partire dalle informazioni sul passato.

Quello che nel mondo degli eventi microscopici chiamiamo molteplicità degli stati, nel mondo macroscopico lo chiamiamo “entropia” e questa è l’equazione che li connette:

S = k logW

dove S è l’entropia, k una costante di valore positivo (detta costante di Boltzmann) e W è la quantificazione della molteplicità degli stati possibili.

Un sistema tende spontaneamente al risultato macroscopico che corrisponde alla massimizzazione della molteplicità degli stati microscopici, o in altre parole all’aumento dell’entropia3. Se il calore è la forma di energia che massimizza la molteplicità degli stati microscopici, l’entropia è l’inverso dell’informazione, la perdita di informazione è la direzione che fa esistere il tempo nell’osservazione degli eventi macroscopici1.

Se il sistema infine non ha energia non ci sono molteplici stati possibili, non ci sono fluttuazioni microscopiche che portano all’occupazione di un diverso numero di stati, non c’è direzione degli eventi macroscopici e non esiste pertanto neanche il tempo.

Energia e vita

Ciò che chiamiamo vita sulla terra, e che cerchiamo con estrema curiosità anche su altri pianeti, è un insieme di sistemi aperti dove le interazioni chimiche danno luogo all’esistenza di unità funzionali fondamentali chiamate cellule. L’insieme delle reazioni che avvengono in questi sistemi porta all’aumento dell’entropia globale, tuttavia le cellule sono porzioni locali della realtà dove, in conseguenza a queste reazioni, l’ordine è estremamente alto. Nelle cellule c’è molta informazione. L’insieme delle reazioni cellulari ha il risultato netto di costruire costantemente ordine e accumulare energia potenziale (chimica o elettrica). Quando una cellula interagisce con il suo ambiente, l’energia potenziale viene rilasciata e l’ordine viene mantenuto, configurando una situazione che chiamiamo di “equilibrio dinamico”. Come abbiamo notato nei paragrafi precedenti, l’informazione tende a diminuire, pertanto anche le cellule non rimangono eternamente nel loro equilibrio dinamico ma sono soggette a perdita di informazione, cioè al trascorrere del tempo. Ancora di più sono soggetti al cambiamento nel tempo gli organismi, che sono sistemi altamente organizzati di cellule.

Quando guardiamo al metabolismo cellulare, le reazioni possibili, ovvero quelle che avvengono e che rientrano all’interno dei nostri modelli termodinamici, sono le reazioni che producono una forma di aumento dei gradi di libertà oppure una produzione di calore, che si traduce a sua volta nell’aumento di gradi di libertà delle componenti microscopiche dell’ambiente. L’effetto macroscopico che noi misuriamo è la media di tanti eventi microscopici casuali, per cui quando diciamo che una reazione avviene non significa che ogni urto utile produca sempre lo stesso risultato, ma che gli eventi che producono un aumento della molteplicità degli stati sono quelli che vanno accumulandosi, e di fatto sono quelli di cui osserviamo gli effetti. Alla temperatura a cui esistiamo nulla è immobile, tutto è in costante attività.

Un caso particolare che ci interessa molto: i sistemi aperti

Molte delle reazioni chimiche che vediamo ogni giorno e i sistemi biologici, che sono uno speciale insieme di queste reazioni, sono sistemi aperti in cui la temperatura e la pressione non cambiano sostanzialmente mentre l’energia fluisce fra sistema e ambiente. Queste condizioni fanno sì che l’entropia da massimizzare è quella della combinazione sistema più ambiente e che per il nostro sistema ci sono vari possibili livelli di energia. La massimizzazione della funzione entropia globale può essere raggiunta modulando anche il livello di energia del sistema.

dStot = dSsist + dSamb

dove dStot è la variazione della funzione entropia globale, data dalla somma della variazione dell’entropia del sistema e di quella dell’ambiente. dStot = 0 quando S è massima.

La variazione dell’entropia dell’ambiente è correlata con il calore liberato dal sistema che, per una reazione a temperatura e pressione costanti, esprimiamo come entalpia:

dSamb = -dHsist/T

dove S è l’entropia dell’ambiente; Hsist è l’entalpia del sistema o il calore liberato verso l’ambiente; T è la temperatura, ovvero l’energia a disposizione.

Da questa relazione deriva che possiamo esprimere la funzione entropia globale guardando tutto solo dal punto di vista del nostro sistema di interesse:

dStot = dSsist – dHsist/T

Poiché il nostro interesse è concentrato sul sistema questa stessa relazione possiamo esprimerla con una funzione relativa al nostro sistema, che chiamiamo energia libera: quando il nostro sistema è al minimo dell’energia libera, la combinazione sistema più ambiente è al massimo dell’entropia. Il tempo nel nostro sistema scorre in direzione del minimo dell’energia libera.

dGsist = – T dStot

dove dGsist è la variazione della funzione energia libera del sistema, data dall’entropia totale in funzione della Temperatura. dG = 0 quando G è minima.

dGsist = – T dSsist + dHsist

In base a questa relazione possiamo prevedere che, se la temperatura e quindi l’energia a disposizione è molto alta, il fenomeno prevalente sarà l’aumento di entropia del sistema, se invece la temperatura è bassa, il sistema tenderà a raggiungere un minimo di energia interna cedendo calore all’ambiente che aumenta la sua entropia. In entrambi i casi il risultato finale sarà l’aumento dell’entropia della combinazione sistema più ambiente.

La combinazione di eventi senza tempo genera sempre il Tempo?

Studiando la chimica e i sistemi biologici vediamo che gli eventi possono avere una direzione irreversibile. L’insieme di tanti eventi senza direzione dà un evento macroscopico direzionato per semplici ragioni statistiche. La fisica contemporanea ci dice che materia ed energia sono fatti al livello fondamentale di eventi discreti che non hanno direzione. Potrebbe l’insieme degli eventi fondamentali finire con l’avere una direzione e quindi un tempo anche in questo caso per ragioni statistiche? Oppure questo avviene solo al livello dei sistemi al di sopra delle dimensioni atomiche?

Referenze indicate nel testo

    1. Carlo Rovelli (2014) “La realtà non è come ci appare”, Raffaello Cortina Editore
    2. Isaac Newton “Il sistema del mondo”, traduzione italiana Boringhieri, Torino 1969
    3. Ken A. Dill e Sarina Bromberg (2003) “Molecular Driving Forces”, Garland Science
    4. Carlo Rovelli (2017) “L’ordine del tempo”, Piccola biblioteca Adelphi

Referenze 

Il testo riprodotto su questo sito è parte della dissertazione per la relazione finale del Tirocinio Formativo Attivo di Elisa Corteggiani Carpinelli. Il testo integrale è disponibile a questo link. 

Considerazioni didattiche e materiale operativo per gli insegnanti su questo argomento sono invece discussi in questo ulteriore post: ..

 

Calore: energia senza informazione.. ma che cos’è l’informazione?

Letture che vi consiglio su questo argomento:

  1. Carlo Rovelli (2014) “La realtà non è come ci appare”, Raffaello Cortina Editore
  2. Sean Carroll (2012) “Dall’eternità a qui – La ricerca della teoria ultima del tempo”, Biblioteca Scientfica Adelphi

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